FAMIGLIA – MATRIMONIO – ACCORDI PREMATRIMONIALI – ART. 1322 c.c. – VALIDITA’ – LIMITI.
La Suprema Corte di Cassazione, Sez. I, con Sentenza n. 23713 del 21/12/2012 ha riconosciuto la validità dell’impegno assunto dai futuri coniugi in vista dello scioglimento del matrimonio.
Si tratta di una svolta importante per il riconoscimento della possibilità data ai coniugi di stipulare accordi al fine di giungere ad una preventiva risoluzione di possibili controversie in sede di separazione e di divorzio.
Si rammenti che in precedenza la giurisprudenza (Cfr. Cass. Civ. n. 5302/06) era orientata a ritenere invalidi gli accordi economici riguardanti il futuro assegno di divorzio, sia per l’indisponibilità del diritto alla corresponsione di natura alimentare dell’assegno, sia per l’illiceità della causa (in quanto volti a circoscrivere la libertà di difendersi in un futuro giudizio di divorzio).
La dottrina al contrario criticava tale orientamento, in quanto lesivo dell’autonomia negoziale dei coniugi nel determinare i propri rapporti economici, anche in considerazione di un’eventuale crisi coniugale.
I Fatti: le parti alla vigilia del matrimonio stipulavano un accordo con il quale i coniugi prevedevano che, in caso di separazione o di divorzio, la moglie avrebbe ceduto al marito un immobile di sua proprietà, quale indennizzo delle spese sostenute dallo stesso per la ristrutturazione di un altro immobile, anche questi di proprietà della moglie, adibito a casa coniugale. Infine il marito si impegnava al trasferimento alla moglie, sempre in caso di separazione o di divorzio, di un titolo BOT di una certa consistenza.
In primo grado il Tribunale di Macerata dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio ma rigettava la domanda del marito volta ad ottenere l’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. di trasferimento dell’immobile stabilito nell’accordo prematrimoniale.
Il marito appellava la sentenza per veder riconoscere la validità dell’accordo prematrimoniale e, sul punto, la Corte d’Appello di Ancona dichiarava la validità dell’accordo posto in essere tra i coniugi, ma la stessa Corte non si riteneva competente ad emettere una sentenza costitutiva dell’obbligo di eseguire il trasferimento dell’immobile e, pertanto invitava l’appellante a promuovere autonoma azione in altra sede.
La moglie, a quel punto – ritenendo che l’accordo violasse ex art. 160 c.c. l’inderogabilità dei diritti e doveri nascenti dal matrimonio – ricorreva in Cassazione.
La Corte di Cassazione con questo procedimento si trova ad esaminare un contratto stipulato dai nubendi che ha ad oggetto due prestazioni economiche subordinate all’evento “fallimento del matrimonio”.
La Cassazione muove dall’assunto che la Corte d’Appello ha fornito un preciso inquadramento della scrittura privata posta in essere tra i coniugi ritenendo che l’accordo delle parti, libera espressione dell’autonomia negoziale, sia stato caratterizzato da un bilanciamento tra prestazioni e controprestazioni degno di riconoscimento.
La Sentenza ribadisce il tradizionale orientamento di ritenere invalide, e quindi affette da nullità, le convenzioni aventi ad oggetto i diritti inderogabili e pertanto quegli accordi di natura economica in vista del futuro divorzio e ciò motivando che sarebbe da ritenersi in tal caso “una sorta di sanzione dissuasiva volta a condizionare la libertà decisionale degli sposi anche in ordine all’assunzione di iniziative tendenti allo scioglimento del vincolo coniugale”.
La Cassazione prosegue specificando che l’accordo per essere valido non deve violare i diritti inderogabili di cui all’art. 160 c.c. (“gli sposi non possono derogare né ai diritti né ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio”) poiché la condizione apposta, subordinata alla fine dell’unione matrimoniale non è meramente potestativa, in quanto non dipende dalla volontà di un solo coniuge e non è contraria all’ordine pubblico e al buon costume.
Infatti, secondo la Corte l’indisponibilità dei doveri dei coniugi deriva dalla necessità di tutelare il coniuge economicamente più debole, mentre nel caso di specie non c’è un coniuge debole da tutelare, non essendoci alcuna questione sul mantenimento e le prestazioni previste dal contratto sono proporzionate.
Più in particolare la Corte di Cassazione ex art. 1322 c.c. riconosce l’esistenza dell’autonomia privata all’interno del diritto di famiglia e qualifica tale accordo come contratto atipico con condizione sospensiva lecita quale espressione dell’autonomia negoziale dei coniugi.
Ai sensi dell’art. 143 c.c. infatti i coniugi hanno il dovere di contribuzione reciproca nell’interesse della famiglia in base ai propri mezzi e le proprie capacità ma se l’unione finisce possono essere accertati i reali rapporti di dare-avere, che nel corso del matrimonio subiscono una sospensione.
La Corte riconosce la validità dell’accordo e lo inquadra quale datio in solutum (ossia dazione di pagamento o prestazione in luogo dell’admpimento ex art. 1197 c.c.) in quanto pagamento fatto dalla moglie per rimborsare il marito che ha compiuto dei lavori di ristrutturazione su un immobile di sua proprietà.